Capisco che il nostro governo debba fare cassa ma andare a colpire sempre le buste paga dei dipendenti e un settore, quello automotive, che non sta esattamente viaggiando con il vento in poppa, non mi sembra una mossa brillante. E invece.

Che succede? Tempo fa si è deciso di tassare in busta paga, il dipendente che ha in uso un’auto NON elettrica o plug in. L’azienda ti ha dato un diesel o benzina? Male. Ti costerà di più.
Non sto a scendere nei dettagli che puoi trovare in rete ma qualche giorno fa era stato fatto anche un mezzo passo indietro: un emendamento alla manovra, presentato in Commissione Bilancio della Camera, introduceva una clausola di salvaguardia per evitare che l’aumento, previsto dalla legge di bilancio in vigore dal 1° gennaio, penalizzasse i dipendenti in attesa della consegna delle nuove vetture. L’idea era: se l’auto aziendale è stata ordinata prima della fine del 2024, tutto bene, dopo, arriveranno nuove tasse. Purtroppo però la clausula di salvaguardia è saltata all’ultimo a causa della bocciatura della Ragioneria dello Stato, che ha giudicato eccessivo l’onere di 8 milioni di euro. L’ultimo tentativo di mitigare la penalizzazione per chi ha scelto vetture con motori termici o ibridi prima dell’inasprimento normativo è affidato a un sub-emendamento presentato da Cannata (Fratelli d’Italia). Tuttavia, questa proposta parte in svantaggio a causa del parere contrario del Ministero dell’Economia e sarà esaminata dalla commissione Bilancio nella notte tra il 16 e il 17 dicembre.

Eh ma il green, l’inquinamento, l’aria pulita, il pianeta. Sì. Giusto andare verso la decarbonizzazione ma qui c’è un accanimento sui dipendenti e le aziende che, con questa manovra, potrebbero:

  • allungare la vita del parco macchine per non dover pagare più tasse
  • rallentare l’adozione di veicoli elettrici, poiché l’aumento dei costi non è bilanciato da vantaggi per chi sceglie opzioni sostenibili visto che non sono previsti incentivi ma solo maggiori tasse.

Un bel pasticcio. Sembra sempre che si provi a tassare chi riesce a fare business.

Le associazioni di categoria Anfia (filiera dell’industria automobilistica) e Aniasa (autonoleggio e sharing mobility) hanno espresso forti critiche alla stretta. Pur condividendo l’obiettivo di sostenere la diffusione di veicoli elettrificati, le associazioni sottolineano alcune incongruenze nella nuova normativa, che contrasta con la strategia governativa sulla transizione verso una mobilità sostenibile. “Questo regime comporta un aggravio economico significativo per oltre un milione di lavoratori dipendenti, rischiando di rallentare le performance del mercato automotive“, avvertono. Inoltre, temono che la nuova norma si traduca in una “tassa aggiuntiva per i lavoratori dipendenti, una categoria già fortemente penalizzata“. E hanno ragione.