Rivoluzione fiscale online: i dati degli utenti valgono oro, giusto? E allora vanno tassati. Chi li utilizza deve pagarci sopra le tasse. Occhio perchè questa interpretazione sta per scatenare un putiferio. Al centro, per ora, troviamo Meta.

Secondo la Procura di Milano anche se l’iscrizione alle piattaforme social è gratuita, il valore commerciale dei dati forniti dagli utenti equivale a una sorta di pagamento che rende questi scambi soggetti all’IVA.

E quindi Meta avrebbe omesso, tra il 2015 e il 2021, oltre 3,9 miliardi di euro di imponibile fiscale e avrebbe evaso il pagamento di 887,6 milioni di euro di IVA. Non mi è chiaro come abbiano valorizzato i dati degli utenti ma queste sono le cifre.

È la prima volta che i dati derivanti dalla profilazione degli utenti vengono considerati rilevanti per la determinazione fiscale. Questa impostazione più che innovativa potrebbe innescare un effetto domino coinvolgendo altre grandi aziende online.

Meta ovviamente respinge fermamente le accuse, dichiarando di rispettare pienamente le normative fiscali in tutti i Paesi in cui opera e di non condividere l’idea che l’accesso gratuito alle piattaforme social possa essere soggetto a IVA. La posizione però della Procura di Milano segna un possibile cambio di paradigma nel modo in cui le attività digitali vengono valutate ai fini fiscali, con implicazioni che potrebbero estendersi ben oltre il caso specifico.

In UE siamo “esperti” nel commissionare multe alle big tech di oltre oceano, a volte vanno a segno, altre no (storica, le prima, quella decisa da Monti nel 2004 a Microsoft di 497 milioni per posizione dominante) e si vede anche la procura che opera all’ombr della Madonnina vuole guadagnarsi la parte.

Leave a Reply

All fields marked with an asterisk (*) are required

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.