🔒 Il riconoscimento biometrico è diventato parte integrante della nostra vita quotidiana, utilizzato per sbloccare cellulari, confermare l’identità in aeroporto o autorizzare pagamenti.

Si possono perdere le impronte digitali? Sì.

La perdita – temporanea – delle impronte digitali può trasformare queste semplici operazioni in sfide più che frustranti. Biometria portami via.

E sta succedendo sempre più spesso.

Questo problema può verificarsi per varie ragioni, tra cui microtraumi dovuti all’uso ripetuto delle dita, dermatiti da contatto causate dall’esposizione a sostanze chimiche, e persino trattamenti medici come la chemioterapia.

Persone di diverse professioni ne sono colpite, dai lavoratori manuali agli operatori sanitari, che lavano spesso le mani con saponi aggressivi .

In genere, le impronte digitali si rigenerano entro pochi mesi, ma in alcuni casi, l’usura può persistere più a lungo, complicando l’uso di dispositivi biometrici.

Il riconoscimento delle impronte digitali è utilizzato da oltre un secolo, ma con l’espansione della biometria nelle nostre vite, il problema dell’usura delle impronte sta diventando sempre più rilevante.

E quindi? 🤔
Gli esperti suggeriscono che in futuro assisteremo a una integrazione diffusa con altre soluzioni biometriche, come la scansione della retina 👁️ o del volto , per compensare le limitazioni delle impronte digitali. E magari si ritornerà all’utilizzo delle care e vecchie password. Già, perché mentre la tecnologia evolve, rimane cruciale trovare soluzioni che garantiscano sicurezza e accessibilità per tutti.

Trovi un approfondimento su questo tema in un articolo pubblicato su Wired, di cui ti lascio il link nel primo commento.

🧐 Curiosità:
Si può nascere senza impronte digitali? Sì, tre sono le malattie genetiche chepossono impedire la formazione di impronte digitali: la sindrome di Naegeli-Franceschetti-Jadassohn (NFJS), la Dermatopathia pigmentosa reticularis (DPR) e l’adermatoglyphia. NFJS e DPR causano una serie di sintomi, tra cui le dita lisce. L’adermatoglifia, invece, ha un solo sintomo: niente impronte digitali. Il National Institutes of Health americano la chiama anche “malattia che rallenta l’immigrazione” per i problemi che causa alle persone che cercano di espatriare. (fonte: Focus)

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